STANFORD – La sospensione senza precedenti di gran parte dell’economia statunitense disposta dal governo federale e a livello statale e locale è comprensibile vista l’urgenza di contenere la diffusione del coronavirus. Troppo spesso, però, interventi governativi animati dalle migliori intenzioni e magari protratti nel tempo impediscono il corretto funzionamento dei mercati e, di conseguenza, fanno più male che bene. Anche in tempi di crisi, i mercati sono una buona soluzione ai problemi perché offrono gli incentivi giusti per utilizzare efficacemente le risorse.
I responsabili politici impegnati a gestire la pandemia da COVID-19 dovrebbero, pertanto, adoperarsi affinché i mercati restino operativi e gli incentivi privati forti. E la storia può rivelarsi un’utile guida in proposito.
Innanzitutto, il governo dovrebbe imporre restrizioni minime su aziende e dipendenti laddove sfrutti temporaneamente il settore privato per scopi di emergenza – sia che si tratti della produzione di carri armati durante la seconda guerra mondiale che di ventilatori adesso. Politiche governative ridondanti o troppo aggressive spesso ostacolano tanto la ripresa quanto la salute dell’economia nel lungo periodo. In realtà, nella maggior parte dei casi (con alcune ragionevoli eccezioni), una ridotta regolamentazione è una buona ricetta per la riuscita economica. Nella situazione attuale, ad esempio, perché non allentare i requisiti per consentire a medici e infermieri in pensione di tornare al lavoro, contribuendo così ad alleviare la pressione sugli ospedali super affollati?
Preservare la responsabilità individuale è un altro elemento fondamentale. I frequenti interventi governativi nelle importanti controversie in materia di lavoro durante le amministrazioni dei presidenti John F. Kennedy e Lyndon B. Johnson si conclusero sempre con un accordo alla Casa Bianca. Ciò ebbe l’effetto di annientare la contrattazione privata, perché i dirigenti e i sindacati non mettevano le migliori offerte sul tavolo finché non si arrivava a Washington. Ma quando, nel 1969, il presidente Richard Nixon si trovò alle prese con uno sciopero dei portuali, comunicò alle parti interessate che dovevano assumersi la responsabilità di trovare una soluzione da sé, e queste, una volta recepito il messaggio, così fecero.
Un altro punto è che i responsabili politici non dovrebbero intervenire nella determinazione dei prezzi. Nel 1971, avendo ereditato pressioni inflazionistiche su tutta l’economia, l’amministrazione Nixon finì per introdurre controlli obbligatori sui salari e sui prezzi, ricevendo un ampio sostegno bipartisan. Sebbene queste misure all’inizio sembrarono funzionare, alla fine l’economia ne uscì danneggiata. Di contro, il presidente Ronald Reagan riprese politiche macroeconomiche già collaudate, alleggerì il fardello normativo e ridusse rapidamente le aliquote fiscali, tutti provvedimenti che si rivelarono efficaci lì dove precedenti interventi statali avevano fallito.
Un altro principio guida è consentire ai mercati di adeguarsi. Nell’estate del 1971, il disavanzo statale e l’inflazione interna statunitensi causarono la sopravvalutazione del dollaro, innescando una corsa a Fort Knox mentre i paesi europei cominciavano a redimere la propria moneta in base al cambio fisso con l’oro. Nixon, pertanto, chiuse la finestra d’oro e iniziò a virare verso un sistema globale di tassi di cambio flessibili.
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Dopo una battaglia iniziale per difenderlo, questo nuovo regime funzionò. Come venne spiegato da Milton Friedman in seguito: “Supponiamo che avessimo continuato con il sistema del cambio fisso […] Quando [nel 1973] scoppiò il conflitto arabo-israeliano, e sopraggiunse l’embargo petrolifero, avrebbe dovuto verificarsi una gravissima crisi finanziaria internazionale […] Nulla di ciò accadde. Il motivo? Perché era in vigore un sistema di prezzi liberi”.
Similmente, i responsabili politici non dovrebbero permettere alla magnanimità statale di soppiantare i mercati privati. Subito dopo la caduta del muro di Berlino, il leader dell’Unione sovietica, Mikhail Gorbachev, ebbe problemi sul fronte politico perché l’economia del paese stava implodendo. Per non “perdere la Russia”, i leader mondiali sollecitarono gli Stati Uniti a guidare una massiccia operazione di salvataggio, che includeva l’invio di una grande quantità di grano statunitense eccedente. Ciò, tuttavia, avrebbe distrutto l’agricoltura sovietica, che era stata parzialmente liberata dai controlli dei pianificatori. Al contrario, l’amministrazione del presidente George H.W. Bush ridusse al minimo gli aiuti, e la crisi fu risolta dai mercati.
Un maggior numero di governi dovrebbe apprezzare il fatto che i mercati aperti migliorano i risultati economici. Quando, nel 1990, il presidente iracheno Saddam Hussein invase il Kuwait, il prezzo del petrolio subì un’impennata raggiungendo l’equivalente odierno di circa 200 dollari al barile. Le due più gravi recessioni statunitensi dalla seconda guerra mondiale erano seguite a simili aumenti vertiginosi del prezzo del petrolio, causati dall’embargo sul petrolio arabo e dalla rivoluzione islamica in Iran. Addirittura, una delle proposte avanzate fu quella di chiudere il mercato dei futures sul petrolio. Tuttavia, dopo un intenso dibattito, prevalse la lucidità e i mercati restarono aperti.
Gli interventi odierni sui mercati dovranno essere corretti. A volte, un governo deve agire per evitare che interventi statali un tempo auspicabili vengano strumentalizzati e minaccino il funzionamento di un mercato vitale.
Ciò avvenne quando il governo statunitense risolse la debacle delle Savings and Loan (S&L), enti simili alle casse di risparmio, all’inizio degli anni novanta. La combinazione tra un sistema federale di garanzia dei depositi e il passaggio delle pensioni ad esso aveva permesso a molti di questi istituti insolventi di rimanere aperti, assumendosi maggiori rischi di investimento e pagando tassi di interesse sui depositi sempre più alti per mantenere l’afflusso di denaro. Dal momento che ciò stava minacciando la vita degli istituti finanziari solvibili, la rapida assunzione del controllo di molte S&L insolventi, pur risultando impopolare, limitò il danno finale.
I governi devono preoccuparsi di intervenire in modo corretto. All’indomani degli attentati terroristici dell’11 settembre 2001, l’amministrazione del presidente George W. Bush si adoperò per mantenere aperti i mercati. Il primo obiettivo fu quello di interrompere i finanziamenti di al-Qaeda senza stravolgere i flussi finanziari globali necessari alla crescita economica. La strategia si rivelò vincente: l’economia non subì flessioni, e la Commissione 9/11 attribuì alla risposta dell’amministrazione sul piano della politica economica il suo unico punteggio alto.
Infine, i responsabili politici devono concentrarsi sull’impatto economico. Durante la crisi finanziaria globale del 2008, il Congresso varò un pacchetto di “stimoli” temporanei in forma di sgravi fiscali, mentre una mentalità di salvataggio aveva cominciato a prendere piede all’inizio dello stesso anno con gli aiuti alla banca Bear Stearns. La gente, tuttavia, accantonò i soldi risparmiati grazie agli sgravi e l’economia continuò ad affondare. Durante la pandemia da COVID-19, quindi, i contribuenti statunitensi andrebbero incoraggiati a spendere i sussidi temporanei ricevuti dal governo federale – anche nei settori dell’economia che sono ancora operativi e che potrebbero crescere in futuro, come le vendite online e il lavoro a distanza.
Guardando oltre gli imperativi di salute pubblica attuali, gli Stati Uniti devono sviluppare una strategia economica che non escluda i mercati. Un’attuazione efficace di tali politiche richiederà una costante interazione tra rappresentanti del governo e del settore privato per scongiurare il rischio che l’inerzia burocratica e le inutili pastoie amministrative rallentino le cose. Questo è l’insegnamento più importante di molte crisi avvenute nel tempo: mantenere i mercati aperti e gli incentivi privati forti.
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While "globalization" typically conjures images of long-distance trade and migration, the concept also encompasses health, the climate, and other forms of international interdependence. The perverse irony is that an anti-globalist America may end up limiting the beneficial forms while amplifying the harmful ones.
worries that we will end up with only harmful long-distance dependencies, rather than beneficial ones.
Though Donald Trump attracted more support than ever from working-class voters in the 2024 US presidential election, he has long embraced an agenda that benefits the wealthiest Americans above all. During his second term, however, Trump seems committed not just to serving America’s ultra-rich, but to letting them wield state power themselves.
Given the United Kingdom’s poor investment performance over the past 30 years, any government would need time and luck to turn things around. For so many critics and commentators to trash the current government’s growth agenda before it has even been launched is counterproductive, if not dangerous.
sees promise in the current government’s economic-policy plan despite its imperfections.
STANFORD – La sospensione senza precedenti di gran parte dell’economia statunitense disposta dal governo federale e a livello statale e locale è comprensibile vista l’urgenza di contenere la diffusione del coronavirus. Troppo spesso, però, interventi governativi animati dalle migliori intenzioni e magari protratti nel tempo impediscono il corretto funzionamento dei mercati e, di conseguenza, fanno più male che bene. Anche in tempi di crisi, i mercati sono una buona soluzione ai problemi perché offrono gli incentivi giusti per utilizzare efficacemente le risorse.
I responsabili politici impegnati a gestire la pandemia da COVID-19 dovrebbero, pertanto, adoperarsi affinché i mercati restino operativi e gli incentivi privati forti. E la storia può rivelarsi un’utile guida in proposito.
Innanzitutto, il governo dovrebbe imporre restrizioni minime su aziende e dipendenti laddove sfrutti temporaneamente il settore privato per scopi di emergenza – sia che si tratti della produzione di carri armati durante la seconda guerra mondiale che di ventilatori adesso. Politiche governative ridondanti o troppo aggressive spesso ostacolano tanto la ripresa quanto la salute dell’economia nel lungo periodo. In realtà, nella maggior parte dei casi (con alcune ragionevoli eccezioni), una ridotta regolamentazione è una buona ricetta per la riuscita economica. Nella situazione attuale, ad esempio, perché non allentare i requisiti per consentire a medici e infermieri in pensione di tornare al lavoro, contribuendo così ad alleviare la pressione sugli ospedali super affollati?
Preservare la responsabilità individuale è un altro elemento fondamentale. I frequenti interventi governativi nelle importanti controversie in materia di lavoro durante le amministrazioni dei presidenti John F. Kennedy e Lyndon B. Johnson si conclusero sempre con un accordo alla Casa Bianca. Ciò ebbe l’effetto di annientare la contrattazione privata, perché i dirigenti e i sindacati non mettevano le migliori offerte sul tavolo finché non si arrivava a Washington. Ma quando, nel 1969, il presidente Richard Nixon si trovò alle prese con uno sciopero dei portuali, comunicò alle parti interessate che dovevano assumersi la responsabilità di trovare una soluzione da sé, e queste, una volta recepito il messaggio, così fecero.
Un altro punto è che i responsabili politici non dovrebbero intervenire nella determinazione dei prezzi. Nel 1971, avendo ereditato pressioni inflazionistiche su tutta l’economia, l’amministrazione Nixon finì per introdurre controlli obbligatori sui salari e sui prezzi, ricevendo un ampio sostegno bipartisan. Sebbene queste misure all’inizio sembrarono funzionare, alla fine l’economia ne uscì danneggiata. Di contro, il presidente Ronald Reagan riprese politiche macroeconomiche già collaudate, alleggerì il fardello normativo e ridusse rapidamente le aliquote fiscali, tutti provvedimenti che si rivelarono efficaci lì dove precedenti interventi statali avevano fallito.
Un altro principio guida è consentire ai mercati di adeguarsi. Nell’estate del 1971, il disavanzo statale e l’inflazione interna statunitensi causarono la sopravvalutazione del dollaro, innescando una corsa a Fort Knox mentre i paesi europei cominciavano a redimere la propria moneta in base al cambio fisso con l’oro. Nixon, pertanto, chiuse la finestra d’oro e iniziò a virare verso un sistema globale di tassi di cambio flessibili.
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Dopo una battaglia iniziale per difenderlo, questo nuovo regime funzionò. Come venne spiegato da Milton Friedman in seguito: “Supponiamo che avessimo continuato con il sistema del cambio fisso […] Quando [nel 1973] scoppiò il conflitto arabo-israeliano, e sopraggiunse l’embargo petrolifero, avrebbe dovuto verificarsi una gravissima crisi finanziaria internazionale […] Nulla di ciò accadde. Il motivo? Perché era in vigore un sistema di prezzi liberi”.
Similmente, i responsabili politici non dovrebbero permettere alla magnanimità statale di soppiantare i mercati privati. Subito dopo la caduta del muro di Berlino, il leader dell’Unione sovietica, Mikhail Gorbachev, ebbe problemi sul fronte politico perché l’economia del paese stava implodendo. Per non “perdere la Russia”, i leader mondiali sollecitarono gli Stati Uniti a guidare una massiccia operazione di salvataggio, che includeva l’invio di una grande quantità di grano statunitense eccedente. Ciò, tuttavia, avrebbe distrutto l’agricoltura sovietica, che era stata parzialmente liberata dai controlli dei pianificatori. Al contrario, l’amministrazione del presidente George H.W. Bush ridusse al minimo gli aiuti, e la crisi fu risolta dai mercati.
Un maggior numero di governi dovrebbe apprezzare il fatto che i mercati aperti migliorano i risultati economici. Quando, nel 1990, il presidente iracheno Saddam Hussein invase il Kuwait, il prezzo del petrolio subì un’impennata raggiungendo l’equivalente odierno di circa 200 dollari al barile. Le due più gravi recessioni statunitensi dalla seconda guerra mondiale erano seguite a simili aumenti vertiginosi del prezzo del petrolio, causati dall’embargo sul petrolio arabo e dalla rivoluzione islamica in Iran. Addirittura, una delle proposte avanzate fu quella di chiudere il mercato dei futures sul petrolio. Tuttavia, dopo un intenso dibattito, prevalse la lucidità e i mercati restarono aperti.
Gli interventi odierni sui mercati dovranno essere corretti. A volte, un governo deve agire per evitare che interventi statali un tempo auspicabili vengano strumentalizzati e minaccino il funzionamento di un mercato vitale.
Ciò avvenne quando il governo statunitense risolse la debacle delle Savings and Loan (S&L), enti simili alle casse di risparmio, all’inizio degli anni novanta. La combinazione tra un sistema federale di garanzia dei depositi e il passaggio delle pensioni ad esso aveva permesso a molti di questi istituti insolventi di rimanere aperti, assumendosi maggiori rischi di investimento e pagando tassi di interesse sui depositi sempre più alti per mantenere l’afflusso di denaro. Dal momento che ciò stava minacciando la vita degli istituti finanziari solvibili, la rapida assunzione del controllo di molte S&L insolventi, pur risultando impopolare, limitò il danno finale.
I governi devono preoccuparsi di intervenire in modo corretto. All’indomani degli attentati terroristici dell’11 settembre 2001, l’amministrazione del presidente George W. Bush si adoperò per mantenere aperti i mercati. Il primo obiettivo fu quello di interrompere i finanziamenti di al-Qaeda senza stravolgere i flussi finanziari globali necessari alla crescita economica. La strategia si rivelò vincente: l’economia non subì flessioni, e la Commissione 9/11 attribuì alla risposta dell’amministrazione sul piano della politica economica il suo unico punteggio alto.
Infine, i responsabili politici devono concentrarsi sull’impatto economico. Durante la crisi finanziaria globale del 2008, il Congresso varò un pacchetto di “stimoli” temporanei in forma di sgravi fiscali, mentre una mentalità di salvataggio aveva cominciato a prendere piede all’inizio dello stesso anno con gli aiuti alla banca Bear Stearns. La gente, tuttavia, accantonò i soldi risparmiati grazie agli sgravi e l’economia continuò ad affondare. Durante la pandemia da COVID-19, quindi, i contribuenti statunitensi andrebbero incoraggiati a spendere i sussidi temporanei ricevuti dal governo federale – anche nei settori dell’economia che sono ancora operativi e che potrebbero crescere in futuro, come le vendite online e il lavoro a distanza.
Guardando oltre gli imperativi di salute pubblica attuali, gli Stati Uniti devono sviluppare una strategia economica che non escluda i mercati. Un’attuazione efficace di tali politiche richiederà una costante interazione tra rappresentanti del governo e del settore privato per scongiurare il rischio che l’inerzia burocratica e le inutili pastoie amministrative rallentino le cose. Questo è l’insegnamento più importante di molte crisi avvenute nel tempo: mantenere i mercati aperti e gli incentivi privati forti.
Traduzione di Federica Frasca