LONDRA – Con la diffusione del COVID-19 all’inizio di quest’anno, i governi hanno introdotto i lockdown per evitare che un’emergenza di sanità pubblica sfuggisse al controllo. Nel prossimo futuro, il mondo potrebbe dover ricorrere a nuovi blocchi, questa volta per affrontare emergenze climatiche.
Le trasformazioni dei ghiacci artici, gli incendi violenti negli stati occidentali USA e altrove, e le perdite di metano nel Mare del Nord sono tutti segnali di allarme del fatto che ci stiamo avvicinando a un punto di svolta sui cambiamenti climatici, momento in cui la protezione del futuro della civiltà richiederà interventi drammatici.
Con un “blocco climatico”, i governi limiterebbero l’uso di veicoli privati, vieterebbero il consumo di carne rossa e imporrebbero misure estreme di risparmio energetico, mentre le compagnie di combustibili fossili dovrebbero smettere di trivellare. Per evitare un simile scenario, dobbiamo rivedere le nostre strutture economiche e fare capitalismo in modo diverso.
Molti pensano alla crisi climatica come distinta rispetto alle crisi sanitaria ed economica causate dalla pandemia. Ma le tre crisi – e le loro soluzioni – sono interconnesse.
Il COVID-19 è esso stesso una conseguenza del degrado ambientale: uno studio recente lo ha definito “la malattia dell’ Antropocene”. Inoltre, il cambiamento climatico aggraverà i problemi sociali ed economici evidenziati dalla pandemia. Questi includono la ridotta capacità dei governi di affrontare le crisi di salute pubblica, la limitata attitudine del settore privato di resistere a perturbazioni economiche sostenute, e le pervasive disuguaglianze sociali.
Queste carenze riflettono i valori distorti alla base delle nostre priorità. Ad esempio, chiediamo il massimo da “lavoratori essenziali” (tra cui infermieri, operatori dei supermercati e autisti delle consegne) pagando loro il minimo. Senza modifiche radicali, il cambiamento climatico aggraverà tali problemi.
At a time of escalating global turmoil, there is an urgent need for incisive, informed analysis of the issues and questions driving the news – just what PS has always provided.
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La crisi climatica è anche una crisi di salute pubblica. Il riscaldamento globale causerà il degrado dell’acqua potabile e consentirà alle malattie respiratorie legate all’inquinamento di prosperare. Secondo alcune proiezioni, 3,5 miliardi di persone nel mondo vivranno in un caldo insopportabile entro il 2070.
Affrontare questa triplice crisi richiede un riorientamento della governance aziendale, della finanza, della politica e dei sistemi energetici verso una trasformazione economica verde. Per raggiungere questo obiettivo, è necessario rimuovere tre ostacoli: attività imprenditoriale guidata da azionisti invece che da stakeholder, finanza usata in modi inadeguati e inappropriati, e governo basato su un pensiero economico obsoleto con presupposti errati.
La governance delle imprese deve oggi riflettere le esigenze degli stakeholder anziché i capricci degli azionisti. La costruzione di un’economia inclusiva e sostenibile dipende da una cooperazione produttiva tra i settori pubblico e privato e la società civile. Ciò significa che le aziende devono ascoltare i sindacati e i collettivi dei lavoratori, i gruppi di comunità, i sostenitori dei consumatori e altri.
Allo stesso modo, l’assistenza pubblica alle imprese deve riguardare meno sussidi, garanzie e salvataggi e più la costruzione di partnership. Ciò significa applicare condizioni rigorose a qualsiasi salvataggio aziendale per garantire che il denaro dei contribuenti sia utilizzato in modo produttivo e generi valore pubblico a lungo termine, non profitti privati a breve.
Nella crisi attuale, ad esempio, il governo francese ha vincolato i suoi salvataggi per Renault e Air France-KLM ad impegni di riduzione delle emissioni. Francia, Belgio, Danimarca e Polonia hanno negato gli aiuti di Stato a qualsiasi società domiciliata in un paradiso fiscale designato dall’Unione Europea, e hanno impedito ai grandi beneficiari di pagare dividendi o riacquistare le proprie azioni fino al 2021. Allo stesso modo, è stato vietato alle società statunitensi che ricevono prestiti pubblici attraverso il Coronavirus Aid, Relief, and Economic Security (CARES) Act di utilizzare i fondi per riacquistare azioni.
Queste condizioni sono un inizio, ma non sono abbastanza ambiziose, né dal punto di vista climatico né in termini economici. L’entità dei pacchetti di assistenza governativa non corrisponde alle esigenze delle imprese, e le condizioni non sono sempre legalmente vincolanti: ad esempio, la politica sulle emissioni di Air France si applica solo ai voli domestici di breve durata.
È necessario molto di più per ottenere una ripresa verde e sostenibile. Ad esempio, i governi potrebbero utilizzare la legislazione fiscale per scoraggiare le aziende dall’utilizzo di determinati materiali. Potrebbero anche introdurre garanzie sul lavoro a livello aziendale o nazionale in modo che il capitale umano non venga sprecato o eroso. Ciò aiuterebbe i lavoratori più giovani e più anziani, che hanno subito in misura eccessiva la perdita di posti di lavoro a causa della pandemia, e ridurrebbe i probabili shock economici nelle regioni svantaggiate che già soffrono di declino industriale.
Anche la finanza deve essere sistemata. Durante la crisi finanziaria globale del 2008, i governi hanno inondato i mercati di liquidità. Ma, poiché non l’hanno indirizzata verso buone opportunità di investimento, gran parte di quei finanziamenti è finita in un settore finanziario inadatto allo scopo.
La crisi attuale offre l’opportunità di sfruttare la finanza in modo produttivo per guidare la crescita a lungo termine. Una finanza attenta nel lungo periodo è fondamentale, perché un ciclo di investimento di 3-5 anni non corrisponde alla lunga durata di una turbina eolica (più di 25 anni), né incoraggia l’innovazione necessaria nella mobilità elettrica, nello sviluppo del capitale naturale (come i programmi di ripristino) e nelle infrastrutture verdi.
Alcuni governi hanno già lanciato iniziative di crescita sostenibile. La Nuova Zelanda ha sviluppato un budget basato su parametri di “benessere”, piuttosto che sul PIL, per allineare la spesa pubblica con obiettivi più ampi, mentre la Scozia ha istituito la Scottish National Investment Bank orientata alle missioni.
Oltre a guidare la finanza verso una transizione verde, dobbiamo assumere che il settore finanziario è responsabile di un impatto ambientale spesso distruttivo. La banca centrale olandese stima che l’impronta sulla biodiversità delle istituzioni finanziarie olandesi rappresenti una perdita di oltre 58.000 chilometri quadrati (22.394 miglia quadrate) di natura incontaminata – un’area 1,4 volte più grande dei Paesi Bassi.
Poiché i mercati non guideranno da soli una rivoluzione verde, le politiche pubbliche devono indirizzarli verso quella direzione. Ciò richiederà uno stato imprenditoriale che innova, si assume rischi, e investe insieme al settore privato. I responsabili delle politiche dovrebbero quindi ridisegnare i contratti di appalto al fine di allontanarsi dagli investimenti a basso costo da parte dei fornitori tradizionali, e creare meccanismi che favoriscano l’ “afflusso” verso l’innovazione di molteplici attori per il raggiungimento di obiettivi pubblici di tutela ambientale.
I governi dovrebbero anche adottare un “portfolio approach” all’innovazione e agli investimenti. Nel Regno Unito e negli Stati Uniti, una politica industriale più ampia continua a sostenere la rivoluzione tecnologica-informatica. Allo stesso modo, il Green Deal Europeo, la Strategia Industriale, e il Meccanismo per una Transizione Giusta lanciati di recente dall’UE stanno agendo come motore e bussola per il Recovery Fund “Next Generation EU” da 750 miliardi di euro (888 miliardi di dollari).
Infine, dobbiamo riorientare il nostro sistema energetico attorno alle energie rinnovabili, l’antidoto al cambiamento climatico e la chiave per rendere le nostre economie sicure dal punto di vista energetico. Dobbiamo quindi eliminare gli interessi legati ai combustibili fossili e la politica a breve termine da affari, finanza e politica. Istituzioni finanziariamente potenti come banche e università devono disinvestire dalle compagnie di combustibili fossili. Fino a quando non faranno questo, prevarrà un’economia basata sul carbonio.
La finestra per lanciare una rivoluzione climatica – e nel processo ottenere una ripresa inclusiva da COVID-19 – si sta rapidamente chiudendo. Dobbiamo muoverci rapidamente se vogliamo trasformare il futuro del lavoro, dei trasporti, e dell’uso dell’energia, e rendere il concetto di una “buona vita verde” una realtà per le generazioni a venire. In un modo o nell’altro, cambiamenti radicali sono inevitabili; il nostro compito è garantire di ottenere il cambiamento che vogliamo – mentre abbiamo ancora la possibilità di scegliere.
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US President Donald Trump’s import tariffs have triggered a wave of retaliatory measures, setting off a trade war with key partners and raising fears of a global downturn. But while Trump’s protectionism and erratic policy shifts could have far-reaching implications, the greatest victim is likely to be the United States itself.
warns that the new administration’s protectionism resembles the strategy many developing countries once tried.
It took a pandemic and the threat of war to get Germany to dispense with the two taboos – against debt and monetary financing of budgets – that have strangled its governments for decades. Now, it must join the rest of Europe in offering a positive vision of self-sufficiency and an “anti-fascist economic policy.”
welcomes the apparent departure from two policy taboos that have strangled the country's investment.
LONDRA – Con la diffusione del COVID-19 all’inizio di quest’anno, i governi hanno introdotto i lockdown per evitare che un’emergenza di sanità pubblica sfuggisse al controllo. Nel prossimo futuro, il mondo potrebbe dover ricorrere a nuovi blocchi, questa volta per affrontare emergenze climatiche.
Le trasformazioni dei ghiacci artici, gli incendi violenti negli stati occidentali USA e altrove, e le perdite di metano nel Mare del Nord sono tutti segnali di allarme del fatto che ci stiamo avvicinando a un punto di svolta sui cambiamenti climatici, momento in cui la protezione del futuro della civiltà richiederà interventi drammatici.
Con un “blocco climatico”, i governi limiterebbero l’uso di veicoli privati, vieterebbero il consumo di carne rossa e imporrebbero misure estreme di risparmio energetico, mentre le compagnie di combustibili fossili dovrebbero smettere di trivellare. Per evitare un simile scenario, dobbiamo rivedere le nostre strutture economiche e fare capitalismo in modo diverso.
Molti pensano alla crisi climatica come distinta rispetto alle crisi sanitaria ed economica causate dalla pandemia. Ma le tre crisi – e le loro soluzioni – sono interconnesse.
Il COVID-19 è esso stesso una conseguenza del degrado ambientale: uno studio recente lo ha definito “la malattia dell’ Antropocene”. Inoltre, il cambiamento climatico aggraverà i problemi sociali ed economici evidenziati dalla pandemia. Questi includono la ridotta capacità dei governi di affrontare le crisi di salute pubblica, la limitata attitudine del settore privato di resistere a perturbazioni economiche sostenute, e le pervasive disuguaglianze sociali.
Queste carenze riflettono i valori distorti alla base delle nostre priorità. Ad esempio, chiediamo il massimo da “lavoratori essenziali” (tra cui infermieri, operatori dei supermercati e autisti delle consegne) pagando loro il minimo. Senza modifiche radicali, il cambiamento climatico aggraverà tali problemi.
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La crisi climatica è anche una crisi di salute pubblica. Il riscaldamento globale causerà il degrado dell’acqua potabile e consentirà alle malattie respiratorie legate all’inquinamento di prosperare. Secondo alcune proiezioni, 3,5 miliardi di persone nel mondo vivranno in un caldo insopportabile entro il 2070.
Affrontare questa triplice crisi richiede un riorientamento della governance aziendale, della finanza, della politica e dei sistemi energetici verso una trasformazione economica verde. Per raggiungere questo obiettivo, è necessario rimuovere tre ostacoli: attività imprenditoriale guidata da azionisti invece che da stakeholder, finanza usata in modi inadeguati e inappropriati, e governo basato su un pensiero economico obsoleto con presupposti errati.
La governance delle imprese deve oggi riflettere le esigenze degli stakeholder anziché i capricci degli azionisti. La costruzione di un’economia inclusiva e sostenibile dipende da una cooperazione produttiva tra i settori pubblico e privato e la società civile. Ciò significa che le aziende devono ascoltare i sindacati e i collettivi dei lavoratori, i gruppi di comunità, i sostenitori dei consumatori e altri.
Allo stesso modo, l’assistenza pubblica alle imprese deve riguardare meno sussidi, garanzie e salvataggi e più la costruzione di partnership. Ciò significa applicare condizioni rigorose a qualsiasi salvataggio aziendale per garantire che il denaro dei contribuenti sia utilizzato in modo produttivo e generi valore pubblico a lungo termine, non profitti privati a breve.
Nella crisi attuale, ad esempio, il governo francese ha vincolato i suoi salvataggi per Renault e Air France-KLM ad impegni di riduzione delle emissioni. Francia, Belgio, Danimarca e Polonia hanno negato gli aiuti di Stato a qualsiasi società domiciliata in un paradiso fiscale designato dall’Unione Europea, e hanno impedito ai grandi beneficiari di pagare dividendi o riacquistare le proprie azioni fino al 2021. Allo stesso modo, è stato vietato alle società statunitensi che ricevono prestiti pubblici attraverso il Coronavirus Aid, Relief, and Economic Security (CARES) Act di utilizzare i fondi per riacquistare azioni.
Queste condizioni sono un inizio, ma non sono abbastanza ambiziose, né dal punto di vista climatico né in termini economici. L’entità dei pacchetti di assistenza governativa non corrisponde alle esigenze delle imprese, e le condizioni non sono sempre legalmente vincolanti: ad esempio, la politica sulle emissioni di Air France si applica solo ai voli domestici di breve durata.
È necessario molto di più per ottenere una ripresa verde e sostenibile. Ad esempio, i governi potrebbero utilizzare la legislazione fiscale per scoraggiare le aziende dall’utilizzo di determinati materiali. Potrebbero anche introdurre garanzie sul lavoro a livello aziendale o nazionale in modo che il capitale umano non venga sprecato o eroso. Ciò aiuterebbe i lavoratori più giovani e più anziani, che hanno subito in misura eccessiva la perdita di posti di lavoro a causa della pandemia, e ridurrebbe i probabili shock economici nelle regioni svantaggiate che già soffrono di declino industriale.
Anche la finanza deve essere sistemata. Durante la crisi finanziaria globale del 2008, i governi hanno inondato i mercati di liquidità. Ma, poiché non l’hanno indirizzata verso buone opportunità di investimento, gran parte di quei finanziamenti è finita in un settore finanziario inadatto allo scopo.
La crisi attuale offre l’opportunità di sfruttare la finanza in modo produttivo per guidare la crescita a lungo termine. Una finanza attenta nel lungo periodo è fondamentale, perché un ciclo di investimento di 3-5 anni non corrisponde alla lunga durata di una turbina eolica (più di 25 anni), né incoraggia l’innovazione necessaria nella mobilità elettrica, nello sviluppo del capitale naturale (come i programmi di ripristino) e nelle infrastrutture verdi.
Alcuni governi hanno già lanciato iniziative di crescita sostenibile. La Nuova Zelanda ha sviluppato un budget basato su parametri di “benessere”, piuttosto che sul PIL, per allineare la spesa pubblica con obiettivi più ampi, mentre la Scozia ha istituito la Scottish National Investment Bank orientata alle missioni.
Oltre a guidare la finanza verso una transizione verde, dobbiamo assumere che il settore finanziario è responsabile di un impatto ambientale spesso distruttivo. La banca centrale olandese stima che l’impronta sulla biodiversità delle istituzioni finanziarie olandesi rappresenti una perdita di oltre 58.000 chilometri quadrati (22.394 miglia quadrate) di natura incontaminata – un’area 1,4 volte più grande dei Paesi Bassi.
Poiché i mercati non guideranno da soli una rivoluzione verde, le politiche pubbliche devono indirizzarli verso quella direzione. Ciò richiederà uno stato imprenditoriale che innova, si assume rischi, e investe insieme al settore privato. I responsabili delle politiche dovrebbero quindi ridisegnare i contratti di appalto al fine di allontanarsi dagli investimenti a basso costo da parte dei fornitori tradizionali, e creare meccanismi che favoriscano l’ “afflusso” verso l’innovazione di molteplici attori per il raggiungimento di obiettivi pubblici di tutela ambientale.
I governi dovrebbero anche adottare un “portfolio approach” all’innovazione e agli investimenti. Nel Regno Unito e negli Stati Uniti, una politica industriale più ampia continua a sostenere la rivoluzione tecnologica-informatica. Allo stesso modo, il Green Deal Europeo, la Strategia Industriale, e il Meccanismo per una Transizione Giusta lanciati di recente dall’UE stanno agendo come motore e bussola per il Recovery Fund “Next Generation EU” da 750 miliardi di euro (888 miliardi di dollari).
Infine, dobbiamo riorientare il nostro sistema energetico attorno alle energie rinnovabili, l’antidoto al cambiamento climatico e la chiave per rendere le nostre economie sicure dal punto di vista energetico. Dobbiamo quindi eliminare gli interessi legati ai combustibili fossili e la politica a breve termine da affari, finanza e politica. Istituzioni finanziariamente potenti come banche e università devono disinvestire dalle compagnie di combustibili fossili. Fino a quando non faranno questo, prevarrà un’economia basata sul carbonio.
La finestra per lanciare una rivoluzione climatica – e nel processo ottenere una ripresa inclusiva da COVID-19 – si sta rapidamente chiudendo. Dobbiamo muoverci rapidamente se vogliamo trasformare il futuro del lavoro, dei trasporti, e dell’uso dell’energia, e rendere il concetto di una “buona vita verde” una realtà per le generazioni a venire. In un modo o nell’altro, cambiamenti radicali sono inevitabili; il nostro compito è garantire di ottenere il cambiamento che vogliamo – mentre abbiamo ancora la possibilità di scegliere.