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La Cina dopo la sua fase di picco

LONDRA – Ai dittatori non piace che gli altri valutino le loro prestazioni. Qualsiasi tipo di valutazione dei successi o dei fallimenti di questi leader, anche da parte dei più stretti colleghi e consiglieri, è considerata una manovra per indebolirli. Permettere le critiche, o peggio ancora incoraggiarle, è fuori questione.

Il presidente cinese Xi Jinping, il capo più potente del Partito comunista cinese dai tempi di Mao Tse Tung, deve sentirsi particolarmente forte al riguardo. Nel 2022 Xi cercherà l’approvazione del 20° Congresso del PCC per restare al potere per un terzo mandato, abolendo così il limite di due mandati stabilito da Deng Xiaoping e da allora rispettato.

Quell’accordo era in parte un tentativo per impedire qualsiasi ritorno alla dittatura simile a Mao, ed era riuscito a collettivizzare la leadership del PCC. Ma basta guardare al culto della personalità instaurato da Xi e al significato del “pensiero di Xi Jinping”, che ora è incorporato nella costituzione del Partito, per capire le intenzioni dell’attuale presidente cinese.

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