Reginald Owen is playing Scrooge Bettmann/Getty Images

Il canto di Natale secondo Trump

NEW YORK – Questo Natale, il regalo dell’America al mondo è stato un taglio al bilancio ordinario delle Nazioni Unite pari a 285 milioni di dollari. Tecnicamente, il bilancio ordinario dell’Onu riflette una decisione consensuale dei 193 stati membri dell’organizzazione, ma è chiaro che in questo caso gli Stati Uniti hanno fatto pressioni. Anzi, per dirla tutta, Nikki Haley, l’ambasciatore americano all’Onu, ha accompagnato l’annuncio alla vigilia di Natale con l’avvertimento che gli Stati Uniti avrebbero cercato di negoziare ulteriori riduzioni.       

Ebenezer Scrooge non avrebbe potuto fare di meglio. I tagli al bilancio renderanno molto più arduo per le agenzie delle Nazioni Unite scongiurare le guerre, aiutare milioni di sfollati vittime dei conflitti, nutrire e vestire bambini affamati, combattere malattie emergenti, fornire acqua potabile e servizi igienici e favorire l’accesso all’istruzione e all’assistenza sanitaria per i poveri.

Il presidente Donald Trump e Haley pongono l’accento sugli ingenti costi delle operazioni delle Nazioni Unite, sui quali sicuramente c’è margine d’intervento. Ma il mondo ottiene un incredibile ritorno dai suoi investimenti nell’Onu, e i paesi membri dovrebbero investire molto di più, non di meno, nelle sue organizzazioni e nei suoi programmi.

Esaminiamo le cifre. Il bilancio ordinario dell’Onu per il biennio 2018-2019 sarà di circa 5,3 miliardi di dollari, 285 milioni in meno rispetto al biennio precedente. La spesa annuale ammonterà a circa 2,7 miliardi di dollari, mentre la quota degli Stati Uniti sarà pari al 22%, ovvero circa 580 milioni di dollari, che corrisponde a un esborso annuo di circa 1,80 dollari per americano. 

Cosa ricaveranno i cittadini statunitensi da questi 1,80 dollari annui? Innanzitutto, il bilancio ordinario dell’Onu include le attività dell’Assemblea generale, del Consiglio di sicurezza e del Segretariato (compresi l’ufficio del Segretario-Generale, il Dipartimento degli affari economici e sociali, il Dipartimento degli affari politici e il personale amministrativo). Quando insorge una minaccia alla pace, come l’attuale situazione di tensione tra gli Usa e la Corea del Nord, è il Dipartimento degli affari politici che spesso facilita il fondamentale lavoro della diplomazia dietro le quinte. 

Inoltre, il bilancio ordinario delle Nazioni Unite comprende stanziamenti per il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef), il Programma di sviluppo delle Nazioni Unite, l’Organizzazione mondiale della sanità, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, gli organismi regionali delle Nazioni Unite (per l’Asia, l’Africa, l’Europa e l’America Latina), il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, l’Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari (per la risposta ai disastri), l’Organizzazione meteorologica mondiale, l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine, le donne delle Nazioni Unite (per i diritti delle donne), e molte altre agenzie, ciascuna specializzata in risposte globali a crisi, conflitti, povertà, sfollamenti, rischi ambientali, malattie o altri bisogni delle persone.

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Molte organizzazioni delle Nazioni Unite ricevono ulteriori contributi “volontari” dai paesi interessati a sostenere iniziative specifiche promosse da agenzie come l’Unicef e l’Organizzazione mondiale della sanità. D’altro canto, queste agenzie hanno un mandato globale e una legittimità politica unici, nonché la capacità di operare in ogni parte del mondo.

L’insensatezza degli attacchi statunitensi alle dimensioni del bilancio delle Nazioni Unite si comprende meglio facendo un confronto con il bilancio del Pentagono. Attualmente gli Stati Uniti spendono circa 700 miliardi di dollari l’anno per la difesa, ovvero circa 2 miliardi di dollari al giorno. Pertanto, il bilancio annuale totale delle Nazioni Unite ammonta a circa un giorno e nove ore di spesa militare statunitense. La quota statunitense del bilancio ordinario delle Nazioni Unite equivale a circa sette ore di spesa del Pentagono. Uno sperpero notevole, non c’è che dire.

Trump e Haley vogliono imprimere una stretta al bilancio dell’Onu per tre ragioni. La prima è fare colpo sulla base politica di Trump. La maggior parte degli americani riconosce l’enorme valore delle Nazioni Unite e le sostiene, ma gli elettori repubblicani schierati a destra considerano l’organizzazione come un affronto agli Usa. Secondo un sondaggio condotto dall’istituto Pew nel 2016, il 64% dell’opinione pubblica statunitense è favorevole all’Onu, mentre solo il 29% è contrario. Eppure, per fare un esempio, il partito repubblicano del Texas ha ripetutamente invocato l’uscita degli Usa dalle Nazioni Unite.

La seconda ragione è risparmiare sui programmi dispendiosi, che è un intervento indispensabile per qualunque organizzazione esistente. L’errore qui consiste nel tagliare il bilancio complessivo invece di ridistribuire i fondi incrementando la spesa per programmi di vitale importanza, che puntano, ad esempio, a combattere la fame e le malattie, fornire un’istruzione ai bambini e prevenire i conflitti.

La terza e più pericolosa ragione per tagliare il bilancio delle Nazioni Unite è indebolire il multilateralismo in nome della “sovranità” americana. L’America è sovrana, insistono Trump e Haley, e quindi può fare quello che vuole, indipendentemente dall’opposizione dell’Onu o di qualsiasi altro gruppo di paesi.

Nel suo recente discorso alla riunione dell’Assemblea generale dell’Onu su Gerusalemme, dove gli stati membri hanno respinto con una maggioranza schiacciante il riconoscimento unilaterale di Gerusalemme come capitale d’Israele da parte dell’America, Haley ha detto al resto del mondo: “L’America sposterà la propria ambasciata a Gerusalemme. Questo è ciò che il popolo americano vuole che facciamo, ed è la cosa giusta da fare. Nessun voto in questa sede farà alcuna differenza in merito”.

Questo approccio alla sovranità è oltremodo rischioso, poiché ripudia apertamente il diritto internazionale. Nel caso specifico, le risoluzioni adottate dall’Assemblea generale e dal Consiglio di sicurezza hanno ripetutamente sottolineato che lo status definitivo di Gerusalemme è una questione di diritto internazionale. Affermando senza pudore la facoltà di ignorare questa prassi, gli Stati Uniti mettono in pericolo l’intero edificio della cooperazione internazionale sancito dalla Carta delle Nazioni Unite. 

Ma un altro grave pericolo riguarda gli Stati Uniti stessi. Quando l’America smette di ascoltare gli altri paesi, il suo vasto potere militare e un atteggiamento arrogante spesso producono disastri autoinflitti. I sostenitori dell’America First, come Trump e Haley, si irritano quando altri paesi si oppongono alla politica estera degli Stati Uniti; di solito, però, questi paesi offrono un punto di vista equilibrato e schietto che gli Stati Uniti farebbero bene a considerare. L’opposizione del Consiglio di sicurezza alla guerra condotta dagli Stati Uniti in Iraq nel 2003, ad esempio, non intendeva indebolire l’America, bensì proteggere gli Stati Uniti, l’Iraq e, di fatto, il mondo intero, dalla rabbia e dalla cecità americana di fronte ai fatti.

“Tutte sciocchezze!” ribatteva Scrooge nel famoso racconto. Ma quello che Charles Dickens voleva far notare, per l’appunto, era che Scrooge è il grande sconfitto, vittima della sua stessa arroganza, avarizia e insolenza. 

Traduzione di Federica Frasca

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