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Il trilemma delle valute digitali di banca centrale

PARIGI – Le banche centrali di tutto il mondo continuano ad accarezzare l’idea di coniare delle valute digitali proprie, le cosiddette CBDC. Alcuni istituti hanno già mosso passi in questa direzione. Nel 2020, la People’s Bank of China ha lanciato un test pilota sull’uso dello yuan digitale a Shenzhen, che poi si è esteso ad altre città cinesi. La Sveriges Riksbank sta testando una e-krona da utilizzare per pagamenti commerciali e al dettaglio, e persino il compassato board della Federal Reserve statunitense ha pubblicato un documento in cui vengono analizzati i pro e contro delle CBDC.  

A quanto pare, le banche centrali stanno cercando di saltare sul treno della moneta digitale prima che lasci la stazione. Ma quali sono le ragioni di questa folle corsa?

Uno degli argomenti è che, fornendo un accesso digitale a tutti coloro in possesso di un cellulare o di una smartcard, la CBDC estenderà la moderna tecnologia dei pagamenti anche alle masse. Tuttavia, l’esperienza di paesi come l’India suggerisce che esistono modi più diretti per raggiungere tale obiettivo.

L’India è riuscita a risolvere il problema dei “non bancarizzati” chiedendo alle banche commerciali di offrire conti di risparmio base, senza requisiti di deposito minimo. In maniera analoga, “il programma per la ricchezza del popolo” del primo ministro indiano chiede alle banche pubbliche di offrire conti a basso costo e a saldo zero agli abitanti delle aree rurali sprovvisti di un conto corrente. A partire dall’anno scorso, sono stati aperti circa 400 milioni di “conti popolari”.  

L’India ha anche creato un sistema di pagamenti elettronici efficiente ed economico, denominato United Payments Interface (UPI). Si tratta di un sistema di pagamento in tempo reale operato dalla National Payments Corporation, un ente no-profit sponsorizzato dal governo. Banche, aziende di moneta elettronica e imprese tech hanno introdotto delle app per pagamenti da mobile abilitati UPI che consentono agli utenti di inviare denaro tra conti correnti bancari.       

Tuttavia, nonostante siano circa trecento le banche partecipanti, il governo continua a essere impaziente di sviluppare una CBDC, forse motivato dalla convinzione dei policymaker che una moneta digitale potrebbe avvantaggiare il settore informatico. Dal punto di vista dell’inclusione finanziaria e della facilità di pagamento, comunque, l’unità di moneta sarà inutile.

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I pagamenti transfrontalieri non sono così semplici o economici. Fra l’altro, i governi sono sempre più disturbati dalla loro dipendenza dal dollaro quale principale valuta veicolo per queste transazioni, visto il ricorso alle sanzioni economiche da parte degli Stati Uniti. La speranza è che le CBDC possano fornire un’alternativa digitale.

Tecnicamente, non esistono ostacoli allo scambio di CBDC di paesi diversi e al loro utilizzo per i pagamenti internazionali, in quanto su una singola blockchain possono funzionare più CBDC. Con l’aiuto della Banca dei regolamenti internazionali, le banche centrali hanno testato alcune piattaforme, denominate mBridge, su cui è possibile scambiare valute digitali.

Anche se abbiamo le conoscenze tecniche, vi sono però enormi ostacoli politici a un’adozione diffusa di tale sistema. Riuscite a immaginare Cina e Stati Uniti d’accordo su come governare una piattaforma dove vengono scambiate le loro monete digitali? O la possibilità di mettere d’accordo centoventi banche centrali?

Ma un altro motivo della corsa alle CBDC è la convinzione incipiente che la supremazia finanziaria e persino geopolitica passerà alle banche centrali che prima conieranno la propria. Questa visione è sostenuta dalle tensioni economiche e politiche tra gli Usa e la Cina, e dalla rapidità con cui la Cina si sta dirigendo verso l’emissione di CBDC, cosa che viene vista come una minaccia al primato del dollaro. 

Tale argomentazione, tuttavia, presuppone che le CBDC vengano utilizzate oltre confine e arrivino a soppiantare il mercato interbancario internazionale quale valuta veicolo per le transazioni internazionali. Visti, però, gli ostacoli politici allo sviluppo di una piattaforma comune per lo scambio delle diverse CBDC, è assai improbabile che ciò accada.

In ultima analisi, ragionando sull’ipotesi di emettere CBDC, le banche centrali si trovano di fronte a un “trilemma”. Su tre cose, valuta digitale, riservatezza delle transazioni e stabilità finanziaria, possono ottenerne solo due. Al momento di emettere una CBDC, le banche centrali dei paesi europei dovranno attenersi al Regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali, la legge sulla privacy più severa al mondo. Se l’emissione della moneta digitale avviene per tramite di intermediari autorizzati, i loro utenti godranno della dovuta riservatezza. Ma a quel punto le autorità saranno più limitate nella capacità di tracciare le transazioni che utilizzano le loro CBDC.     

Chi utilizza moneta nelle transazioni gode già dell’anonimato, ovviamente, ma possiamo immaginare altre operazioni che prevedono bonifici bancari effettuate utilizzando invece una valuta digitale. I banchieri centrali e altri operatori temono che le banche commerciali verrebbero disintermediate, ovvero che le transazioni eseguite a mezzo bonifico bancario passerebbero a utilizzare CBDC. Data la riservatezza delle operazioni, ciò potrebbe favorire l’aumento dei rischi e degli squilibri finanziari lontano dagli occhi dei regolatori. Ecco perché la Banca centrale europea sta giustamente procedendo con estrema cautela verso l’emissione di moneta digitale.      

La People’s Bank of China non è tenuta alla riservatezza. Nel caso venga scaricato un portafoglio virtuale capace di un numero illimitato di operazioni, essa richiede all’utente di fornire informazioni esaustive e dettagliate. Nel caso, invece, di un portafoglio limitato a piccole operazioni al dettaglio, essa richiede soltanto il numero di cellulare e promette, per quel che vale, di non tracciare le transazioni dell’utente.     

Staremo a vedere. Queste misure dovrebbero impedire alle persone di utilizzare l’e-Yan per aggirare i controlli della Cina sui movimenti di capitale, far sparire grosse somme di denaro dal paese e agire comunque in modi potenzialmente rischiosi per la stabilità finanziaria. Quanto al fatto se la gente si fiderà della CBDC cinese, in queste condizioni, sarà il tempo a dirlo.  

La finanza internazionale, come sanno gli studiosi di economia degli scambi, è piena di trilemmi. Invece di prevenirli, le CBDC non faranno che porne uno nuovo. 

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