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Il lato oscuro della deregolamentazione Ue

CAMBRIDGE – Il vento della deregolamentazione sta soffiando oltreoceano, con l’Unione europea che segue le orme americane e lancia la propria spinta per sprigionare la magia del mercato. A prima vista questo cambiamento potrebbe sembrare una conseguenza diretta del ritorno alla Casa Bianca del presidente americano Donald Trump, ma questa interpretazione non tiene conto delle forze strutturali più profonde in gioco.

Dall’inizio del 2023 tra le diffuse proteste degli agricoltori e i crescenti appelli di alcuni leader dell’Ue per una “pausa normativa”, la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen prende le distanze dall’atto legislativo che porta la sua firma, il Green Deal europeo. L’inversione di rotta ha colto molti di sorpresa, ma alla fine le ha consentito di ottenere un secondo mandato.

Nel frattempo il report dell’ex presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi sullo stato dell’economia dell’Ue, commissionato dalla von der Leyen, ha rafforzato l’idea che molti dei problemi di competitività del blocco derivino da una “regolamentazione incoerente e restrittiva”. In risposta, la von der Leyen ha introdotto la Bussola per la competitività, una roadmap volta a ridurre drasticamente gli oneri amministrativi dell’Ue “semplificando il contesto normativo” e “favorendo velocità e flessibilità”.

Questi impegni non sono certo nuovi. Già nel 2002 la Commissione ha cercato di stimolare la crescita economica riducendo la burocrazia e sottoponendo tutte le nuove iniziative a rigorose valutazioni d’impatto. Ironia della sorte, le stesse disposizioni del Green Deal europeo attualmente in esame erano già state sottoposte a tali valutazioni, e superate.

La novità, tuttavia, è la decisione della Commissione di portare avanti la sua agenda di deregolamentazione utilizzando un meccanismo legislativo controverso e poco chiaro: il decreto Omnibus.

I decreti Omnibus raggruppano numerose misure non correlate in un unico ed ampio atto legislativo, spesso approvato in fretta e senza alcun contributo pubblico. Questo approccio è in contrasto con il principio legislativo di lunga data secondo cui ogni disegno di legge dovrebbe concentrarsi su un unico argomento. Si tratta di principio così fondamentale che persino il diritto romano proibiva questo tipo di legislazione, definendola lex satura (“legge mista”).

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Storicamente l’Ue ha usato con parsimonia i decreti Omnibus, riservandoli alla modernizzazione di quadri normativi obsoleti in settori come la protezione dei consumatori e la vigilanza finanziaria. Al contrario, il pacchetto di semplificazione Omnibus proposto dalla Commissione rappresenta un’ampia e sistematica revisione di politiche di recente emanazione che devono ancora essere pienamente attuate.

La bozza completa della proposta, molto attesa, sarà resa nota solo il 26 febbraio. Tuttavia, si prevede che la proposta riformi la legislazione chiave, comprese le leggi entrate in vigore negli ultimi due anni, come la Direttiva sulla rendicontazione della sostenibilità delle imprese, la Direttiva sulla due diligence di sostenibilità delle imprese e la Tassonomia della finanza sostenibile dell’Ue.

Questa involuzione senza precedenti smantellerebbe di fatto il quadro normativo per lo sviluppo sostenibile, accuratamente negoziato, prima che abbia la possibilità di produrre risultati significativi. Seguiranno altri pacchetti Omnibus per diversi settori, che interesseranno la regolamentazione finanziaria, la fiscalità e gli appalti pubblici.

Più in generale, l’adozione da parte dell’Ue di decreti Omnibus come metodo legislativo privilegiato segnala un cambiamento fondamentale nell’approccio normativo della Commissione europea, che minaccia sia la prevedibilità giuridica su cui le imprese fanno affidamento sia la certezza del diritto necessaria per attrarre investimenti per la transizione green e digitale.

Anziché facilitare l’accesso delle imprese ai finanziamenti privati – come previsto dall’iniziativa “Unione del risparmio e dell’investimento” – la svolta deregolamentatrice della Commissione potrebbe minare la fiducia degli investitori e la stabilità normativa in un momento in cui l’Ue ha un disperato bisogno di attrarre capitali e rafforzare la propria competitività. In un contesto di crescente incertezza politica, gli investimenti green europei stanno già vacillando, avendo registrato un calo del 6,5% nel 2024.

Inoltre, l’approccio politico non convenzionale della Commissione scatenerà probabilmente un’ondata di costose battaglie legali sull’interpretazione delle norme “semplificate” e sulla loro legalità. Peggio ancora, potrebbe limitare la capacità della Commissione di svolgere una delle sue funzioni principali: regolare l’economia dell’Ue e definire politiche sociali che garantiscano prosperità e sicurezza ai cittadini europei.

Gli storici del futuro potrebbero considerare l’approvazione del decreto Omnibus da parte della Commissione come il momento più importante di un decennio perduto di elaborazione delle politiche europee. Cinque anni spesi a costruire un quadro normativo inclusivo e lungimirante sarebbero seguiti da cinque anni di smantellamento sistematico per volontà di pochi privilegiati.

Se l’Ue procede con il suo programma di deregolamentazione, rischia di perdere una delle sue risorse più preziose. Per anni, una regolamentazione efficace ha guidato il progresso economico e sociale e ha rafforzato l’influenza globale del blocco. Una deregolamentazione massiccia potrebbe rivelarsi una debacle autoinflitta che ostacola la capacità dell’Ue di proteggere i cittadini europei e mina gravemente ciò che resta della sua credibilità come legislatore.

Lo sforzo di semplificazione dell’Ue, rappresentato dai prossimi decreti Omnibus, mira a migliorare la competitività dell’Europa; ma erodendo l’“effetto Bruxelles”, è destinato a produrre l’effetto opposto. Il blocco si trova ora di fronte a una scelta cruda: può continuare a definire gli standard globali, oppure smantellare la propria struttura normativa e diminuire la propria influenza sulla scena mondiale, riducendo drasticamente l’impegno verso lo stato di diritto su cui si basa l’intera struttura dell’Ue.

Traduzione di Simona Polverino

https://prosyn.org/OA9YQxoit