spence174_ David RyderGetty Images_gates foundation David Ryder/Getty Images

L'economia della filantropia

FORT LAUDERDALE – Il più grande anno elettorale della storia si sta svolgendo in un momento in cui l’aumento della ricchezza e la disuguaglianza di reddito stanno alimentando la polarizzazione e minando la coesione sociale in molti paesi. I livelli medi di reddito e i risultati economici complessivi sembrano fare poca differenza; il crescente divario tra abbienti e poveri sta diventando un fenomeno praticamente universale, e si traduce sempre più in visioni che divergono drasticamente su cosa costituisca progresso economico e sociale. E nella migliore delle ipotesi, questo rende difficile la governance.

Se i meccanismi di governance formale sono compromessi da una polarizzazione politica apparentemente intrattabile, come possiamo affrontare sfide importanti, come il miglioramento delle pari opportunità, la costruzione di economie sostenibili e la fornitura di beni pubblici critici? Una risposta è la filantropia.

Un tempo considerata appannaggio di qualche ricco, oggi la filantropia è un fenomeno di massa. Le piattaforme di crowdfunding consentono ai piccoli donatori di sostenere persone e progetti di ogni tipo, e i volontari con redditi di vario genere dedicano tempo ed energia alle organizzazioni di beneficenza. Ma se la ricchezza si accumulerà rapidamente in cima alla distribuzione, avrà senso attingere alla coorte più ricca per finanziare progetti universalmente vantaggiosi.

Il fondatore di Microsoft, Bill Gates, offre un modello di tale filantropia: la Bill & Melinda Gates Foundation, di cui è co-presidente, ha avuto un impatto di vasta portata in una serie di aree, dalla salute globale alla sostenibilità. I grandi investitori stanno giocando un ruolo sempre più importante anche nella ricerca di base, che può altresì essere considerata una forma di filantropia, a seconda della condivisione e dell’uso dei risultati.

Negli anni ‘70, oltre il 70% dei finanziamenti per la ricerca di base non proprietaria proveniva dal governo. Quel numero è diminuito costantemente con l’espansione dei finanziamenti alle imprese e alla filantropia. Ma quando si tratta di ricerca sulle tecnologie digitali, in particolare sull’intelligenza artificiale negli Stati Uniti, il governo rappresenta solo un terzo dei finanziamenti. Il resto proviene da giganti della tecnologia come Microsoft e Google (un terzo) e da filantropi e organizzazioni filantropiche (il restante terzo).

In altre parole, il settore privato rappresenta ora i due terzi dei finanziamenti per la ricerca di base – la maggior parte della quale è open-source e open-access – in tecnologie trasformative come l’intelligenza artificiale. C’è un precedente per questo tipo di partecipazione delle aziende nella ricerca di base. I Bell Laboratories di AT&T sono stati responsabili di una serie di innovazioni cruciali, dai transistor alle celle fotovoltaiche, prima che l’azione antitrust smembrasse la casa madre. In un momento in cui le autorità di regolamentazione stanno tentando di stabilire il modo migliore di regolamentare le Big Tech, vale la pena ricordare il destino dei Bell Labs.

Secure your copy of PS Quarterly: The Climate Crucible
PS_Quarterly_Q3-24_1333x1000_No-Text

Secure your copy of PS Quarterly: The Climate Crucible

The newest issue of our magazine, PS Quarterly: The Climate Crucible, is here. To gain digital access to all of the magazine’s content, and receive your print copy, subscribe to PS Premium now.

Subscribe Now

La filantropia è spesso vista come un’espressione di empatia individuale, ma è più complessa di così. In effetti, la filantropia è un fenomeno sociale complesso modellato da una serie di considerazioni e incentivi, compresi gli incentivi finanziari diretti. Negli Stati Uniti e in altri paesi, le donazioni sono incoraggiate in quanto deducibili dalle tasse. Ma anche altri benefici, anche per la reputazione dei filantropi, hanno un peso considerevole.

Come mostrano Jonathan K. Nelson e Richard J. Zeckhauser nel libro del 2008 The Patron’s Payoff: Conspicuous Commissions in Italian Renaissance Art, questo valeva nel XV secolo come oggi. A quel tempo gli italiani ricchi desideravano far progredire le arti e, in misura minore, la scienza, ostentare la ricchezza e i risultati che hanno portato alla sua creazione, e dimostrare la loro pietas in una società dominata dalla Chiesa cattolica.

La Chiesa fornì ai ricchi un modo per raggiungere tutti questi obiettivi: costruì cattedrali con numerose cappelle intorno alla navata centrale, e poi vendette i diritti per decorare e nominare le cappelle a famiglie benestanti, che commissionavano a grandi artisti la produzione di dipinti, affreschi e sculture. In questo modo, la Chiesa fu finanziata, l’arte fiorì e i ricchi portarono avanti i loro programmi filantropici, migliorarono la propria reputazione e ottennero persino un certo grado di immortalità.

Questa esperienza evidenzia l’importanza dei meccanismi di segnalazione, delle reti e del riconoscimento non solo per incoraggiare ma anche per indirizzare l’attività filantropica. C’è un motivo per cui i principali donatori delle migliori università, ad esempio, hanno i loro nomi blasonati sugli edifici e collegati a importanti iniziative di ricerca: come i mecenati d’arte del Rinascimento, essi vogliono sostenere il progresso umano e migliorare il loro status personale, soprattutto in una rete a cui tengono. Come hanno sostenuto filosofi come Aristotele e Hegel, il riconoscimento – soprattutto per aiutare gli altri – è un desiderio umano fondamentale.

Come le università, altre istituzioni d’élite – come gallerie d’arte, biblioteche, musei, orchestre e teatri d’opera – attirano donazioni filantropiche in parte assicurando che i donatori ottengano il riconoscimento che desiderano. Ma molte cause vitali, tra cui il sostegno a coloro che stanno lottando per sbarcare il lunario e per creare opportunità per i loro figli, mancano di meccanismi altrettanto potenti per attrarre finanziamenti da parte dei donatori.

Pur non potendosi sostituire all’azione del governo in settori quali salute, istruzione e distribuzione del reddito e della ricchezza, la filantropia può certamente aiutare, con i giusti incentivi messi in campo. A tal fine, dobbiamo progettare istituzioni che offrano benefici reputazionali e di rete ai donatori che sostengono cause quali la riduzione della povertà e la salute pubblica. L’ingrediente chiave mancante sembra essere un intermediario che agisca in veste di rispettabile investitore d’impatto e costituisca il nucleo del meccanismo di segnalazione.

E in più, dobbiamo smettere di applaudire la ricchezza fine a sé stessa. Senza nulla togliere ai successi cui può portare, la ricchezza diventa degna di essere celebrata solo quando è impiegata al servizio del benessere umano.
 

Traduzione di Simona Polverino

https://prosyn.org/H5nW3jAit