subacchi45_Tom StoddartGetty Images_G20flags Tom Stoddart/Getty Images

Un'agenda di crescita per il G20

JOHANNESBURG – Quando assumerà la presidenza di turno del G20 entro la fine dell’anno, il Sudafrica sarà il quarto paese in via di sviluppo consecutivo a farlo. Sarà anche il terzo membro consecutivo del raggruppamento BRICS delle principali economie emergenti e il primo paese africano a prendere il timone. Finalmente, le priorità economiche dell’Africa, insieme alle priorità dei paesi in via di sviluppo più in generale, avranno un posto di primo piano nell’agenda del G20.

Ma in un mondo sempre più frammentato di politica interna insulare e di crescente disprezzo per il multilateralismo, realizzare progressi su un tale programma non sarà facile. E le cose potrebbero diventare ancora più difficili. La presidenza del G20 del Sudafrica inizia alla fine del più grande anno elettorale della storia del mondo, un anno durante il quale metà dei membri del G20 si sarà recata alle urne. I voti in alcuni paesi – non ultimi gli Stati Uniti – potrebbero rafforzare lo spostamento verso il protezionismo e l’abbandono della cooperazione multilaterale, comprese le riforme cruciali delle istituzioni finanziarie internazionali come la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale.

Il successo della presidenza del G20 richiederà al Sudafrica di rilanciare la cooperazione politica tra i membri del gruppo. A tal fine, dovrà superare le fratture geopolitiche per rafforzare il dialogo tra i vari “club” del G20, in particolare le economie avanzate e le loro controparti delle economie emergenti. Fortunatamente, il Sudafrica è relativamente ben posizionato per fare proprio questo: tra i membri consolidati dei BRICS – Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica – vanta le relazioni meno tese con gli Stati Uniti e l’Unione Europea.

Ma trovare il modo di colmare il divario tra le grandi potenze è solo il primo passo. Il Sudafrica dovrà anche coinvolgere i paesi che si sono aggiunti recentemente ai BRICS (Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti) e assicurarsi che sia ascoltata la voce dell’Unione Africana – che è diventata un membro permanente del G20 lo scorso anno. Promuovendo una maggiore coesione tra i paesi in via di sviluppo e offrendo una più ampia cooperazione al G20, il Sudafrica aumenterà il proprio profilo all’interno di tutti questi “club”.

I dettagli dell’ordine del giorno sono cruciali. Deve essere ampio e ambizioso, tenendo conto delle priorità e delle aspirazioni di tutti i sottogruppi del G20, e deve includere impegni misurabili. Ci sono diverse questioni che possono e devono essere prese in considerazione, dall’allentamento della morsa del debito eccessivo all’impegno di maggiori risorse per l’azione per il clima. Ma un obiettivo è indiscutibile: la crescita economica.

Raggiungere una “crescita forte, equilibrata, sostenibile e inclusiva” è l’obiettivo generale ufficiale del G20 dal 2009. E per una buona ragione: la crescita è fondamentale per sostenere la riduzione della povertà, l’equa ridistribuzione, la sostenibilità del debito, gli investimenti a lungo termine nella mitigazione dei cambiamenti climatici e nella transizione green e la stabilità sociale.

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Ma gli anni 2020 si preannunciano come un decennio di crescita lenta, quello che il direttore generale del Fmi Kristalina Georgieva ha recentemente definito i “tiepidi anni venti”. Il Fondo stima che la crescita economica globale raggiunga il 3,2% quest’anno e il 3,3% nel 2025, e che rallenti successivamente, con un tasso di crescita reale medio del 3,1% per il decennio. Si tratta di una percentuale bassa rispetto agli standard storici – negli anni 2000 e 2010 la crescita globale è stata in media rispettivamente del 3,9% e del 3,7% – e implica una convergenza più lenta tra i paesi ad alto reddito e le loro controparti a medio e basso reddito nei prossimi anni.

Quindi, cosa servirà per stimolare la crescita a medio termine? La domanda aggregata globale deve essere sostenuta (a un livello non inflazionistico). Le risorse, compresa la manodopera, devono essere impiegate in modo efficiente e sostenibile. Il sistema commerciale globale deve rimanere aperto e basato su regole. E il sistema finanziario internazionale deve soddisfare la necessità sia di aggiustamenti a breve termine che di investimenti a lungo termine. Tutto ciò richiederà un quadro politico multilaterale universalmente condiviso.

Per elaborare un quadro di questo tipo è necessario non solo stabilire chiare priorità politiche e individuare le misure più efficaci per realizzarle, ma anche sviluppare procedure istituzionali dettagliate per la condivisione delle informazioni. Inoltre, gli interventi politici devono essere sequenziati correttamente e bisogna fare attenzione a evitare esternalità negative.

Con le economie sviluppate e in via di sviluppo che si trovano di fronte alla prospettiva di una crescita lenta nel medio termine, l’agenda per la crescita è qualcosa su cui tutti possono essere d’accordo. E bisogna evitare le politiche a somma zero, comprese le ricadute negative di misure non coordinate o le politiche di tipo “beggar-thy-neighbor” (che producono benefici unicamente al Paese che le adotta e danni agli altri, ndt). In effetti, un’agenda di crescita ben progettata, sostenuta da un impegno condiviso per la cooperazione, può produrre risultati che nessun Paese da solo potrebbe raggiungere.

Il Sudafrica dovrebbe svolgere il ruolo di “mediatore onesto” in questo processo. Se farà bene il suo lavoro, potrà restituire al G20 lo status di forum principale per la cooperazione politica internazionale e migliorare la governance multilaterale in modo più ampio, anche garantendo che le riforme delle istituzioni finanziarie internazionali rimangano all’ordine del giorno. Prepararsi attentamente per questa presidenza sarà fondamentale per il Sudafrica e per il G20.
 

Traduzione di Simona Polverino

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