ash1_SERGEY BOBOKAFP via Getty Images_ukraine destruction SERGEY BOBOK/AFP via Getty Images

Le ragioni economiche per la confisca dei beni russi congelati per sostenere l'Ucraina

LONDRA – Se l’Ucraina vuole sconfiggere la Russia e avviare la ricostruzione dopo la guerra, avrà bisogno di ingenti somme di denaro, probabilmente superiori a quelle che gli elettori e i politici occidentali sono disposti o in grado di fornire. La buona notizia è che è già disponibile un enorme fondo di denaro non occidentale: i 300 miliardi di dollari di asset sovrani russi congelati detenuti nelle giurisdizioni occidentali. La cattiva notizia, tuttavia, è che i paesi occidentali non sono stati in grado di concordare un piano d’azione condiviso per utilizzare queste risorse.

Il congelamento delle riserve russe potrebbe far pendere l’ago della bilancia della guerra a favore dell’Ucraina e ridurre notevolmente l’onere finanziario per i contribuenti occidentali. Eppure, coloro che si oppongono alla confisca dei beni non colgono la dura realtà economica della situazione. Gli attuali livelli di sostegno occidentale semplicemente non si tradurranno in una vittoria ucraina.

I finanziamenti occidentali destinati solo a mantenere l’Ucraina in guerra ammontano attualmente a circa 100 miliardi di dollari all’anno, ovvero a quasi 8,5 miliardi di dollari al mese. Ma affinché l’Ucraina sia una seria sfida per la Russia, l’Occidente dovrebbe spingere questa spesa più vicino a 150 miliardi di dollari all’anno, ovvero circa 12,5 miliardi di dollari al mese. Questo era il livello di spesa a metà del 2023, quando l’Ucraina stava prendendo il sopravvento. Alla fine del 2023, però, la spesa era crollata a 4 miliardi di dollari al mese, e un disegno di legge per fornire ulteriori aiuti è rimasto bloccato al Congresso degli Stati Uniti, causando all’Ucraina la perdita di vite, territorio e slancio.

Dovremmo davvero aspettarci che i governi occidentali attingano dalle tasche dei propri contribuenti per altri 50 miliardi di dollari all’anno per finanziare l’Ucraina? E se Donald Trump vincesse le elezioni presidenziali americane di quest’anno e gli attuali finanziamenti americani (quasi 45 miliardi di dollari all’anno) si esaurissero? È improbabile che l’Europa sia disposta o in grado di colmare l’ancora più massiccio deficit di finanziamento annuale di 95 miliardi di dollari. Tuttavia, coloro che si oppongono alla confisca dei beni della Russia non offrono alternative né affrontano le conseguenze del mancato finanziamento dell’Ucraina.

Non facciamo errori: una sconfitta ucraina porterebbe costi sociali, politici ed economici molto più elevati per l’Europa sotto forma di enormi flussi di rifugiati, maggiori rischi per la sicurezza e centinaia di miliardi di dollari di aumento della spesa annuale per la difesa per contrastare la minaccia dell’aggressione russa.

Coloro che si oppongono alla confisca dei beni della Russia non sono onesti con i propri contribuenti sulla realtà della condivisione degli oneri. Una descrizione accurata dello status quo è che i contribuenti occidentali stanno sopportando tutto il peso della guerra, mentre i beni dei contribuenti russi sono protetti. Questo non è né moralmente giusto né politicamente accettabile. Ma gli oppositori hanno tirato fuori un sacco di argomentazioni deboli sul perché la confisca non possa essere effettuata.

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Un’argomentazione – che sarebbe illegale – è stata ampiamente contestata da esperti legali, che hanno dimostrato che il diritto internazionale consente una tale mossa. Altre argomentazioni riguardano i rischi economici, ma anche questi non reggono a un esame approfondito. Ci viene detto, ad esempio, che la confisca dei beni russi potrebbe minare lo status di valuta di riserva del dollaro e dell’euro, con i regimi autoritari che ritirano le proprie riserve dall’Occidente.

Ma quanto è realistico questo scenario? Immobilizzando 300 miliardi di dollari di asset russi nel febbraio 2022, l’Occidente ha già messo quei fondi fuori dalla portata della banca centrale russa e con condizioni per la loro restituzione che con ogni probabilità la Russia non accetterà mai. In questo caso, c’è poca differenza pratica tra “congelato” e “confiscato”.

Inoltre, ricordiamo che la risposta dei governi dei mercati emergenti a questa confisca de facto due anni fa è stata quella di non fare nulla. Anche se paesi come la Cina e l’Arabia Saudita volessero spostare i loro asset altrove, come lo farebbero? C’è un motivo per cui i mercati emergenti detengono trilioni di dollari di asset nelle economie occidentali: semplicemente non ci sono alternative alle valute e ai mercati del G7 che possano offrire liquidità e sicurezza simili.

Se un governo spostasse comunque i suoi asset, andrebbe incontro a conseguenze devastanti, destabilizzando i mercati globali e provocando ritorsioni sotto forma di sanzioni occidentali e una fuga verso l’euro e il dollaro. La Cina e l’Arabia Saudita potrebbero intervenire in maniera efficace, ma non lo faranno mai, perché capiscono che così facendo danneggerebbero le loro economie con una minore crescita globale, meno commercio e investimenti e prezzi più bassi del petrolio e delle materie prime. Sappiamo che questi regimi apprezzano soprattutto la stabilità. Perché dovrebbero rovinarsi solo per sostenere il presidente russo Vladimir Putin?

Coloro che si oppongono alla confisca sostengono anche che ciò lascerebbe i beni occidentali in Russia soggetti a ritorsioni. Ma lo Stato russo sta già costringendo la vendita di questi beni a prezzi stracciati agli alleati del Cremlino, oltre a imporre tasse punitive sulle imprese occidentali. Inoltre, gli asset occidentali in Russia sono sminuiti dagli asset russi in Occidente, e non vi è alcuna buona ragione per cui i contribuenti occidentali debbano salvare le società occidentali che hanno fatto cattivi investimenti commerciali.

Nonostante i molti rischi irrealistici o esagerati legati alla confisca dei beni russi, ce n’è uno da prendere sul serio è il seguente: i paesi del G7 devono agire all’unisono; in caso contrario, i regimi autoritari potranno essere divisivi e governare scegliendo tra le valute di riserva occidentali. Il passaggio dal dollaro all’euro (o a un’altra valuta) non deve essere visto come una valida difesa contro il congelamento dei beni e le confische. Se nelle giurisdizioni del G7 fossero consentite alternative liquide al dollaro, la fuga delle riserve diventerebbe un pericolo reale.

La scelta è chiara. A meno che tutti i beni russi congelati non vengano confiscati e consegnati all’Ucraina, l’Ucraina perderà la guerra e il costo per l’Occidente sarà molto più alto. Non esiste un’alternativa logica alla confisca dei beni. I leader del G7 dovrebbero smettere di trovare scuse, smettere di essere disonesti con i propri contribuenti e semplicemente agire in tal senso.
 

Traduzione di Simona Polverino

https://prosyn.org/Ems4OBNit