0c44e80146f86f880bdef054_pa3808c.jpg Paul Lachine

Siamo pronti per un’economia mondiale multipolare?

WASHINGTON, DC – In un momento in cui l’economia globale sta patendo una crisi di fiducia, squilibri strutturali e pacate prospettive di crescita, predire l’andamento economico dei prossimi dieci anni richiede l’applicazione di un attento modello e di qualcosa che vada oltre la sagacia. Serve necessariamente un metodo diversificato che combini il senso storico e un’attenta analisi delle forze attuali, tra cui lo spostamento dell’asse economico globale verso il mondo emergente.

A tal scopo bisogna comprendere come le economie avanzate vogliono cimentarsi con questo spostamento e in che modo il sistema monetario internazionale intende aggiustarsi di conseguenza. Noi abbiamo studiato questi fattori e crediamo che l’economia mondiale stia per imboccare un percorso rivoluzionario, che implica una transizione verso un ordine economico mondiale multipolare.

Nel passato i paradigmi del potere economico sono stati scritti e riscritti in base alla crescita e alla caduta dei paesi che avevano la forza di spingere la crescita globale e stimolare l’economia. La multipolarità, che indica la presenza di un numero di forze dominanti superiori a due, è stata talvolta un punto chiave dell’economia mondiale. Ma in nessuna epoca della storia moderna i paesi in via di sviluppo sono stati in prima linea in un sistema economico multipolare.

Questo modello è destinato a cambiare. Entro il 2025 sei economie emergenti – Brasile, Cina, India, Indonesia, Corea del Sud e Russia – rappresenteranno nel complesso circa la metà della crescita globale. Il sistema monetario internazionale cesserà con tutta probabilità di essere dominato da una singola valuta. Perseguendo opportunità di crescita all’estero e incoraggiati da migliori politiche a livello domestico, le società dei mercati emergenti rivestiranno un ruolo sempre più cruciale negli affari economici globali e negli investimenti transfrontalieri, mentre gli ampi fondi di capitale all’interno dei confini nazionali consentiranno alle economie emergenti di diventare player di punta nei mercati finanziari.

Man mano che le dinamiche economie emergenti si evolveranno per prendere il timone dell’economia mondiale, sarà necessario rivedere il tradizionale approccio di governance economica globale. L’attuale approccio si fonda su tre premesse: il nesso tra concentrazione del potere economico e stabilità, l’asse nord-sud dei flussi di capitale e la centralità del dollaro americano.

Dalla fine della Seconda Guerra mondiale l’ordine economico globale incentrato sugli Usa si fonda su una serie complementare di taciti accordi legati all’economia e alla sicurezza tra gli Stati Uniti e i suoi principali partner, mentre le economie emergenti giocano un ruolo periferico. Dal momento che gli Usa hanno assunto il ruolo di stabilizzatore del sistema, fungono da mercato di ultima istanza e hanno elevato il dollaro al ruolo di moneta internazionale, i suoi principali partner economici, in particolar modo Europa occidentale e Giappone, hanno accettato gli speciali privilegi di cui godono gli Usa – cioè guadagni da signoraggio medioevale, autonomia in termini di politica macroeconomica domestica e flessibilità nella bilancia dei pagamenti.

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In generale, tale accordo sussiste ancora oggi, sebbene da tempo i segni di una lenta erosione siano sotto gli occhi di tutti. I benefici che hanno raggiunto le economie emergenti attraverso l’ampliamento della propria presenza nel commercio e nella finanza internazionale non sono altro che un esempio di tutto questo.

L’economia globale multipolare cambierà con buona probabilità il modo in cui il mondo conduce gli affari internazionali. Nei prossimi anni numerose aziende dei principali mercati emergenti domineranno i corrispettivi settori industriali a livello globale – esattamente come hanno fatto nel precedente mezzo secolo le società con sede nelle economie avanzate. Negli anni a venire tali aziende faranno pressioni per ottenere riforme economiche a livello nazionale, facilitando l’integrazione dei propri paesi nel commercio e nella finanza globale.

I tempi potrebbero quindi essere maturi per procedere ad un framework multilaterale con il preciso scopo di regolamentare gli investimenti transfrontalieri – framework che negli ultimi 20 anni viene continuamente rimandato. Diversamente dal commercio internazionale e dalle relazioni monetarie, non esiste alcun regime multilaterale volto a promuovere e governare gli investimenti transfrontalieri.

Per il momento il dollaro americano resta la valuta internazionale più importante. Ma tale dominio inizia a scemare, come dimostra lo scarso uso del biglietto verde come valuta di riserva ufficiale, nonché come divisa per fatturare beni e servizi, denominare richieste di indennizzo internazionali e ancorare i tassi di cambio.

L’euro rappresenta il più forte concorrente del dollaro, fintanto che l’Eurozona riuscirà a contenere l’attuale crisi del debito sovrano mediante salvataggi e riforme istituzionali di lungo termine in grado di salvaguardare i guadagni che scaturiscono da un progetto di mercato unico in atto da tempo. Ma le valute dei paesi in via di sviluppo oscureranno probabilmente la divisa europea.

La portata e il dinamismo dell’economia cinese, e la rapida globalizzazione delle sue società e banche rendono il renminbi particolarmente adatto ad assumere un ruolo internazionale più rilevante. Nel suo rapporto Global Development Horizons 2011 la Banca mondiale presenta quello che a suo parere sarà lo scenario valutario globale più probabile nel 2025 – un approccio multivalutario incentrato sul dollaro, l’euro e il renminbi. Tale scenario è rafforzato dalla probabilità che per quella data Usa, Eurozona e Cina costituiranno i tre maggiori poli di crescita.

Infine, la comunità finanziaria internazionale deve garantire che l’agenda sullo sviluppo rimanga una priorità. I paesi che esercitano un’influenza economica a livello globale devono accertarsi che le proprie azioni politiche abbiano importanti effetti benefici su altri paesi. In tal senso sono ben accette le iniziative di politica monetaria che enfatizzano una maggiore collaborazione tra le banche centrali al fine di raggiungere la stabilità finanziaria e una crescita sostenibile nella liquidità globale.

Malgrado i notevoli progressi compiuti dai paesi in via di sviluppo per integrarsi nei canali commerciali e finanziari internazionali, c’è ancora molto lavoro da fare per garantire che tali paesi condividano l’onere di un sistema globale in cui la loro quota di mercato cresce rapidamente. Allo stesso tempo, è fondamentale che i maggiori paesi sviluppati elaborino politiche in grado di valutare la crescente interdipendenza dai paesi in via di sviluppo. La governance globale dipenderà sempre più dal peso di questa interdipendenza per rafforzare la cooperazione internazionale e incentivare la prosperità in tutto il mondo.

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