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Non possiamo fallire il test di preparazione a una pandemia

LONDRA – La pandemia non è finita. Anche se l’estate del 2022 è molto diversa dall’estate del 2020, perché abbiamo vaccini e trattamenti e conosciamo meglio il virus, non è abbastanza. Ogni settimana 15.000 persone muoiono ancora a causa del Covid-19. I paesi più poveri lottano ancora per distribuire vaccini, test, diagnostica e altri strumenti. E i paesi a tutti i livelli di reddito rimangono tristemente impreparati ad affrontare la prossima pandemia, anche se gli esperti avvertono che è solo una questione di “quando” e non di “se”.

Dall’inizio della pandemia da Covid-19, i leader globali hanno riconosciuto la necessità di un maggiore coordinamento, di maggiore collaborazione e finanziamento collettivo per supportare una migliore preparazione e risposta alla pandemia (PPR). Seguendo le raccomandazioni di un gruppo di esperti indipendenti di alto livello, lo scorso giugno il G20 ha concordato di istituire un nuovo Fondo intermediario finanziario (FIF) – sotto l’egida della Banca mondiale, in collaborazione con l’Organizzazione mondiale della sanità – per contribuire a colmare il divario annuale di 10,5 miliardi nel finanziamento del piano di preparazione e risposta ad una pandemia.

Molti vedono il nuovo fondo FIF come un’opportunità attesa da tempo per cambiare il modo in cui affrontiamo collettivamente beni comuni globali come la salute (o il clima). Con un sistema di supporto globale al PPR governato in modo più inclusivo, tutti i paesi parteciperebbero al processo decisionale e alla condivisione degli oneri e tutti ne trarrebbero gli stessi benefici collettivi. Ciò significherebbe allontanarsi dall’obsoleto e inefficace status quo donatore-beneficiario, in cui il PPR è visto solo come un altro progetto di “sviluppo”. Invece, tutti riconoscerebbero che quando si tratta di evitare crisi sanitarie globali, i bisogni, le lacune, i benefici e le responsabilità sono collettivi e universali, anche se allocati in modo non uniforme in tutto il mondo.

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